Dal ritorno di Faye Dunaway e Demi Moore alla “presenza invisibile” di Hunter Schafer e alla “scomparsa” di Jacob Elordi

25 Maggio 2024 By 0
Dal ritorno di Faye Dunaway e Demi Moore alla “presenza invisibile” di Hunter Schafer e alla “scomparsa” di Jacob Elordi

Undici giorni di proiezioni, red carpet, interviste. Grandi speranze e sonore delusioni. Il Festival di Cannes 2024, il numero 77, ormai sta ripiegando i tappeti rossi: è il momento dei bilanci. Sulla qualità delle pellicole in concorso stendiamo un velo, per quanto consapevoli che un miracolo come quello dell’edizione 2023 non fosse ripetibile.

Ricordate? Nel palmarès c’erano Anatomia di una caduta di Justine Triet, Zona d’interesse di Jonathan Glazer, Il gusto delle cose di Trần Anh Hùng, Perfect Days di Wim Wenders, Foglie al vento di Aki Kaurismaki. Fermiamoci sugli incontri con i protagonisti (e pure lì la lotta è dura: lo scorso anno avevamo fatto la conoscenza della deliziosa Lily Gladstone dei Killers of the Flower Moon, della dolce Nadia Tereszkiewicz, della sempre impeccabile Sandra Hüller).

Festival di Cannes 2024, i momenti migliori e peggiori

Noémie Merlant, donne volitive

Cannes 2024 doveva essere l’occasione per lavare in pubblico (e che pubblico, la platea più internazionale che si immagini) i panni sporchi del cinema francese. Circolava già una lista con i nomi di registi e attori coinvolti in episodi di abuso, ma inspiegabilmente, alla fine, la tempesta si è allontanata. Il ruolo di portabandiera della causa del #MeToo è rimasta affidata a Judith Godrèche con il suo cortometraggio Moi Aussi e, alla simpaticissima Noémie Merlant, protagonista e regista di Les Femmes au balcon.

Noémie ci aveva colpito al cuore nel ruolo di generosa amica di Louis Garrel in L’innocente (e aveva colpito non solo noi: il ruolo le è valso un César), e in questi casi prima dell’incontro c’è un po’ di curiosità e un po’ di timore: pochi, purtroppo, sono all’altezza dei loro personaggi. La Merlant sì: fresca, simpatica, non presuntuosa (vagamente impacciata nei – bellissimi – bermuda che le hanno messo addosso gli stylist di Vuitton) ma neppure inconsapevole del proprio a valore.

Noémie Merlant a Cannes con gli interpreti del suo film: Sandra Codreanu, Lucas Bravo, and Souheila Yacoub. (Getty Images).

Cosa ci ha raccontato? Pazientate, lo scoprirete su iO Donna. Vi anticipiamo solo che è una ragazza di quelle che ammiriamo, perfetta espressione dei nostri tempi: quelle che non si auto-sabotano e che dalla vita vogliono tutto. E lo avranno. Ma si avanza anche una nuova categoria di maschi, e tra questi Lucas Bravo, che ha rinunciato alla rassicurante allure che ha in Emily in Paris per calarsi nei panni del maschio tossico… Cherchez la femme: c’entrerà il fidanzamento con l’artista e attivista Mélanie Laurent?

Faye Dunaway

Clima di grande eccitazione per la presenza in sala di una vera icona (come ha detto Thierry Frémaux, «Non si può parlare di cinema senza parlare di lei»): Faye Dunaway, 83 anni e lineamenti piallati. Qualche titolo? Gangster Story (Bonnie and Clyde), Chinatown, Barfly – Moscone da bar E di tutti questi film parla il documentario che le ha dedicato Laurent Bouzereau, semplicemente Faye.

Però parla pure di molto altro, cose che forse non avremmo neppure voluto sapere: i disturbi bipolari, l’alcolismo, la difficoltà ad avere figli (compensata con un’adozione), il dolore per l’abbandono dell’unico vero amore: Marcello Mastroianni, conosciuto nel 1968 sul set di Amanti di Vittorio De Sica. Coincidenze imperscrutabili: in concorso è passato Marcello mio, con la figlia dell’attore e Catherine Deneuve.

La foto iconica scattata a Faye Dunaway dal futuro marito Terry O’Neill. (@Terry O’Neill).

Demi Moore a Cannes 2024

In un Festival caratterizzato dal ritorno delle star degli anni Ottanta, la parte del leone l’ha fatta Demi Moore che, dopo lunga astinenza dai red carpet, non si è persa una chance, dalla (legittima) presentazione del suo nuovo film, The Substance (un horror – in concorso – diretto da Coralie Fargeat) al Gala dell’AmFar all’evento Chopard.

Ma tanta “prezzemolinità” è perdonabile: nel film non esita a prendersi un po’ in giro cedendo alla tentazione (umana, troppo umana) di accettare la sfida dell’eterna giovinezza.

Karla Sofía Gascón: è nata una stella

No, non è la Hunter Schafer di Euphoria su cui si concentravano aspettative per la sua partecipazione a un film d’autore, Kind of Kindness. L’autore del momento, per l’esattezza, dopo i quattro Oscar per Povere creature!: Yorgos Lanthimos. All’attrice transgender il regista greco ha offerto una scena – francamente piuttosto inutile – di un paio di minuti.

La rivelazione del Festival di Cannes 2024 è senza dubbio Karla Sofía Gascón (nata Carlos), la protagonista di Emilia Pérez di Jacques Audiard. Talento e cuore, un mix vincente. Nostro personale Prix d’interprétation féminine du Festival de Cannes.

Selena Gomez, Zoe Saldana e Karla Sofía Gascón, protagoniste di “Emilia Pérez” (Getty Images).

Jacob Elordi: assenza più acuta presenza

Per Jacob Elordi, altro divo lanciato da Euphoria, si potrebbero spendere i versi di Attilio Bertolucci: «Assenza, più acuta presenza». È mancato a Paul Schrader, che lo chiama Jake e l’ha voluto come (giovane) alter ego di Richard Gere in Oh, Canada. «Sono stato molto felice con Richard, Uma (Thurman, ndr) e Jake, che non è qui con noi. E sono davvero felice di essere di nuovo qui a Cannes».

Sarà mancato anche a Barry Keoghan, suo partner in Saltburn, che si è invece presentato sulla Croisette per accompagnare – in concorso – Bird di Andrea Arnold. Nessun mistero, comunque: Elordi era impegnato sul set di Frankenstein di Guillermo del Toro. Dove ha il ruolo del mostruoso protagonista.

Jacob Elordi in “Oh, Canada” di Paul Schrader.

Il senso di Catherine Deneuve per l’Italia

Catherine Deneuve è una meraviglia. Dovunque la metti – in sala a presenziare discretamente alla proiezione di Vivre, mourire, renaitre dell’amico Gael Morel, oppure sullo schermo in Marcello mio di Christophe Honoré, in cui è, poco discretamente, sé stessa. Il film era incomprensibilmente in concorso – ma come non selezionare un omaggio a Marcello Mastroianni che è anche un atto di amicizia da parte del festival nei confronti della figlia Chiara che l’anno scorso era stata maestra di cerimonie, oltre che habitué della kermesse?

Caterine Deneuve e Chiara Mastroianni in “Marcello mio”.

Senza contare la presenza di Catherine e di molti altri illustrissimi, Fabrice Luchini, Benjamin Biolay, Melvil Poupaud – ma c’è un momento, uno, su cui vale la pena soffermarsi. Quando Chiara, ormai nei panni del padre, decide di partire per Roma per partecipare a una trasmissione tv trash e la madre la raggiunge al telefono. Deneuve apprende con preoccupazione dove si trova la figlia e quali sono le sue intenzioni. «Chiara, tu connais la presse italienne ! Il faut se méfier !», conosci la stampa italiana, devi diffidare. Eh, Catherine la sa lunga.

Miséricorde, i cavalli vincenti sono sfiatati

Miséricorde di Alain Guiraudie è un film bello e autenticamente anticonformista e per queste semplici ragioni avrebbe dovuto essere in Concorso. Guiraudie è il regista dello Sconosciuto del lago (2013, passato a Cannes in Un certain regard, e questa volta il regista francese non è andato più su di Première), storia nera, come lo è questo racconto di ritorno a casa.

“Miséricorde” di Alain Guiraudie.

Miséricorde allo spettatore propone l’inatteso, esattamente quello che questo festival non ha fatto, puntando su cavalli più che sicuri che però, molto spesso si sono rivelati in affanno (Sorrentino, Serebrennikov, ahimé anche Schrader e Cronenberg). Alla proiezione si è anche riso moltissimo (e neppure quello ce lo aspettavamo), tra porcini, cadaveri, bagarre tra ex ragazzi, preti onniscenti, poliziotti intriganti. Trama nera, tocco leggerissimo.

Maria Schneider, simbolo suo malgrado

Maria di Jessica Palud. Che cosa aveva in mente la cineasta francese (che ha fatto il suo ingresso nel cinema nel 2003 come assistente alla regia sul set di The Dreamers di Bernardo Bertolucci) quando ha deciso che il modo migliore per raccontare la sua storia fosse basarsi sul romanzo del 2018, Tu t’appelais Maria Schneider, scritto dalla cugina della protagonista di Ultimo tango a Parigi, Vanessa Schneider, e soprattutto rifacendo una per una le scene “incriminate” del film?

“Maria” di Jessica Palud.

L’ipotesi di Palud in Maria è che tutto nella tragica vita dell’attrice – la carriera stroncata, la tossicodipendenza, la morte precoce – sia dipeso dall’inganno che il regista italiano le tese con la complicità di Marlon Brando, la celebre scena del burro. Brando, poi, interpretato da Matt Dillon, avrebbe messo in atto un doppio tradimento, rappresentando per Schneider – come ci mostra il film – una figura paterna. La domanda “è più importante l’arte o sono più importanti le persone”, mal posta, resta senza risposta.

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